Un dormiveglia
Automobili mi venivano incontro
e la mia stessa andava verso queste
ma non ci scontravamo, non impattavamo
anzi a guisa di piccole galassie metalliche
ci allontanavamo l’una dalle altre, inesorabilmente
Una pietra della felicità conteneva parole
che non riuscivo a decifrare
che rimanevano imprigionate
che non scagionavano
Due ratti si annidavano fra i miei vestiti
s’appisolavano sovente al calduccio dei tessuti
dimoravano e mangiavano con gran pace
ogni po’ si parlavano senza dirmi alcunché
o mi parlavano senza dirsi alcunché
non avevano nome come il pullmino scassato
che chiamavamo casa, era l’alba
Qualche volta compariva mia madre
e mi chiedeva perché io piangessi
A causa di mia figlia rispondevo
d’altra parte non scegliamo d’esser figli
e siamo puniti con l’esser padri
Sapevo di vegliare nel sogno
e non mi sembrava strano
lo governavo per spiegarmi
ciò che non mi sarei mai spiegato
ciò che non avrei accettato, neanche dopo
il trauma sepolto che ci divora
quale cieca e famelica fiera
fino a dirigermi alla minzione mattutina
e questa non era un sogno
Alberto Figliolia