Vibrazioni quantiche e sillabe aramaiche

Vibrazioni quantiche e sillabe aramaiche

“Sei ignorante, lo sai?” tu mi dici e io confermo – perché negarlo? –, soprattutto in amore

Del resto anche tu ignori ciò che io ignoro

Epperò io stesso, che sono fatto di fango, anelo alle stelle

Nel mentre mi accontento di manzo alla senape, al curry e allo zenzero

sapendo che in questo ricco piatto come nella povera mia poesia

sono vibrazioni di luce e suoni cosmici e musiche di terre primordiali

come quelle del dio che tu celebri e io no o, meglio, non lo so

– assente, troppo presente, atarassico o mosaico? –

così tu ti poni una collana da regina come diadema alla fronte

guardandomi con aria buffa da infinità e riflessi d’ambra marina

mentre continuiamo a parlare di vampiri, demoni e angeli precipitati

e Gesù, Che Guevara, il Mahatma, Giulio Cesare, Adolf Hitler, Giacomo Casanova

e cancri in remissione, costellazioni, dolore, Michel Houellebecq

e del 2012 che incombe, di profezie azteche, di cerchi nel grano e di età dell’oro

nel giorno che muta in altro e con gli alieni che ci stanno intorno

quando ancora non mi capacito di ciò che fui o sono

poi un servo presenta un conto vetusto, mai riscosso

e io mi levo dal mio sudario di comfort, gloria e incelebrità

fra lo stallo angoscioso della felicità e l’onore e il decoro dell’infelicità

Poco più in là, fuori, sotto il sole spietato la tua casa a venire e la mia colma e anchilosata

ed è, sempre, trionfo d’asfalti, lamiere, dubbi, perplessità

Soltanto, qua e là, tendendo il cuore malato e possente all’ascolto:

qualche vibrazione quantica e il soffio, inaspettato,

di sillabe aramaiche e brevi salvifici echi – ma forse è già tardi –

nel DNA antico della specie

Alberto Figliolia (da Poesie scelte, 2010, Albalibri)

@phigliolia

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