A Friedrich

A Friedrich

Friedrich succhiava, beato, un gelato

ma talora sorseggiava anche un sorbetto

o sgranocchiava, goloso, uno spumone

mentre pensava lungo i vialoni diritti,

verso le montagne aguzze, all’eterno ritorno.

Friedrich mangiava, estasiato, cioccolato

sporcandosi i baffi primitivi

mentre pensava al successo che sarebbe stato

e a quella ragazza chiavennasca

sulla strada del passo alpino,

con i panni sporchi da lavare

nel fiume, nell’acqua che va e non torna,

quella fanciulla in fiore

che l’aveva guardato di meraviglia.

Friedrich chiudeva gli occhi semiciechi

nel tramonto porpora e cascante

mentre le bande di paese suonavano

motivi popolari e la sua mente s’immergeva

negli abissi del mondo.

Friedrich in un passo di danza,

il pennino dei giorni a vergare lacrime

di piombo e oro: alchimista, scienziato,

poeta, filosofo, pazzo, ebreo, pagano,

il corvo della demenza in agguato,

le righe della vita confuse

in una foto stropicciata ai posteri,

su una poltrona volta al nulla,

in un cucchiaio di fratellanza amara.

Alberto Figliolia

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