A Peter Norman
Alla destra di Tommie Smith,
alla sinistra del mondo, stavi tu,
Peter Norman, nella notte
della premiazione di quei 200 metri
folli a Città del Messico…
Tommie che alza le braccia
a 10 metri dal traguardo
(19”83, fulmine nero nell’azzurro
cielo della libertà), John
che gira il capo due volte
a guardar l’amico
dalle gambe vorticose eleganti infinite
già nella cornice dolcetragica del trionfo,
e tu, freccia bianca scoccata
nel silenzio, secondo
nell’inerzia della velocità che brucia
anni e speranze, che cela
inganni, amori, delusioni.
“Olympic Project for Human Rights”
recitava il tondo sopra lo stemma nazionale
che tutt’e tre portavate sulle tute
camminando lenti dopo lo sprint,
ieratici, madidi di giustizia,
ambasciatori non compresi,
figli del vento, fratelli della pace.
20”06 fu quel giorno il tuo cronometro
per l’eternità, quasi mezzo secolo dopo
ancora record nazionale australiano.
I piedi scalzi di Tommie e John,
le mani guantate di nero
(la destra per l’uno, la mancina per l’altro),
il capo chino di entrambi sul podio
erano anche i tuoi:
e questo non ti fu perdonato:
fu l’ostracismo, fu la viltà
contro il tuo coraggio.
Non andasti a Monaco di Baviera quattro anni dopo:
te lo vietarono, straniero in patria.
Melbourne, 15 giugno 1942-Williamstown, 3 ottobre 2006…
Gli eroi non muoiono mai.
Cesano Boscone, domenica 4 settembre 2016
Alberto Figliolia