(Dedicated to Yuri Catania)
I gatti di Edgar Allan Poe
e il multiverso di Dragon Ball,
arcobaleni senza radici,
una poltrona di pelle consunta
intrisa di sogni e pensieri,
una giacca che conobbe
la pioggia grigia e la corsa impazzita
del cuore sotto il bosco
del cielo (e negli squarci ataviche
nubi), il numero innumerabile
dei giorni (l’insondabile passato
nel futuro che cresce), la lingua
ininterrotta della strada,
l’ombra assente dei cactus
nel silenzio dei deserti
che corrono alla roulotte,
una canzone sulla passione
svanita, i neri dadi della sorte
in bilico sull’orlo dell’abisso
che ci affonda negli occhi,
un telecomando per ogni occasione
perduta, il vento dell’immobilità
e la brezza che scompiglia
il tempo dei ricordi, un caffè
nelle strade affrettate
della metropoli, la linea
sempre più in là dell’orizzonte,
la polvere d’oro rosso
del tramonto, le suole
d’aria per cammini
da intraprendere, il taccuino
della disperazione quotidiana,
l’amorfa scelta che ci spetta,
un’ancora di gioia nel mare
delle perplessità, uno schermo
pervinca con eroi oscuri
e fotogrammi di iperrealtà
dove l’io è l’avatar dell’avatar,
fiori a venire che sbocciano
nella notte (ferita di luce
che sarà), motori interstellari
per viaggi psichedelici,
il mistero della telepatia,
maghi e tombe scoperchiate,
il bianconiglio dell’infanzia,
neve radioattiva che cade
e risale nella boccia
della paura, infine il morso
crudele dell’amore a imprimere
la sua chiostra fra membra e mente
e il fiume di nostalgia
che l’esistere è…
Alberto Figliolia