Ho seminato l’anno addietro
in un vaso nero
insalata riccia, che mai ho raccolto.
Un anno è trascorso,
con la corona del crudo inverno
della pandemia e della distanza
fra gli uomini.
Nel frattempo alcuni semi, ignari
di bollettini e terrore
e sirene e dolore
e malattia e morte
e viltà ed eroismi
e proclami e sigilli
e solitudini e ceneri
senza lamenti funebri,
han deciso di germogliare;
e quella che si rimanifestava
come insalata riccia
diveniva giorno dopo giorno alta pianta,
che, incapace di sostenere
il suo lungo gambo dai crespi rami,
si è delicatamente appoggiata
al ficus accanto: fratello e sorella,
silenti simbionti dal generoso aiuto.
Ogni mattina s’aprono
dai rami dell’incognita pianta
piccoli fiori viola,
che la sera son già vizzi;
e a ogni alba il miracolo
si ripete, memento
di fragile bellezza
nella tenera forza della luce.
E a me non resta che guardare
con gli occhi asciutti
e il cuore rigato
di grate lacrime.
Cesano Boscone-pomeriggio, domenica 14 giugno 2020
Alberto Figliolia