Ad Alex e ai petali di cenere
Tu racconti, Alex, del giardino di rose
di tua nonna (tu abuela)
nella terra lontana delle origini
– ma quale terra non ci è lontana? –
e del fuoco che arse insieme
spine e rose e speranze
e racconti dello stagno vasto
come un mare (o era una ristretta
misura d’oceano?) che le raccolse:
petali sparsi sull’acqua, cenere
spersa nelle invisibili correnti
come il destino o il viaggio
che ti condusse nel mattino
di questo gennaio, sereno e algido,
in una comunità di lucidi
e folli profeti, in un luogo-limbo
di rettangoli di ferro e cemento
(né campagna né città
né ricordi né futuro)
e racconti… racconti…
alla memoria smarrita di ciascuno,
e forse hai ragione tu
che li vedesti (e ancora non sapevi),
che li odorasti in ciò che furono
e mai più saranno
e il giardino di rose si fa nuova alba
– pervinca, gialla, avorio sporco e sangue –
il giardino di rose di tua nonna
(tu abuela), Alex, fiamma infinita
nei nostri persi cuori
Alberto Figliolia