Poema siciliano

Poema siciliano

di Alberto Figliolia Çlirim Muça GIuseppe Puma

I
Petalo dopo petalo
abbiamo contato i giorni,
sinfonia di ricami fioriti.
Geme incastonato fra le pietre
il seme sparso delle nuvole,
cirri nell’azzurro cielo.
Sotto gli occhi delle stelle accese
abbiamo ripudiato la follia:
una lama di luce abbraccia i nostri cuori.

II
Pettina l’orizzonte riccioli di nubi,
una folata di vento scompiglia l’anima
e maestosi colori colmano gli occhi.
Fra valli di pietra vado e cactus,
ricordi racimolo per i giorni futuri
e ansiose colline baciano il cielo.
Segmenti di senso strappo e segni
e palme nane mi frugano nel cuore
sugli scogli nati testimoni del tempo.

III
Ha un cielo terso la ninnananna del mare,
nuvole giocano con idee di isole
e sinuose onde muoiono per ricominciare.
Cosa nasconde la muraglia delle nubi?
Il silenzio del vuoto che impregna
e conchiglie vacanti che aspettan la pioggia.
Un grido, un lampo spacca l’anima…
vagante mi scopro nel tramonto
nell’attesa di un cielo di stelle.

IV
Ho un posto vacante nel cuore:
la tristezza colma la tenerezza,
ma quale dei tuoi tu tu sei?
Ombre e riflessi, il dilemma dell’essere…
Nuvole grigie coprono il tramonto,
ma nei loro occhi leggo il principio.
S’infrange un raggio su una pietra:
diamante illuminato;
percorro strade senza muri d’ombre
e nelle mie vene dal crepuscolo sangue lucente.

V
Una pena nel cuore tocca l’essere
e riverso al mondo versi d’amore
confuso fra i verbi, cotone alle ferite da schiavo.
Riverbero di luce abbraccia fiori caduti;
sordo batacchio il mio canto, o cielo,
e le campane della tua infanzia, amore mio?
Donami speranze e linfa
mentre semino gioie e raccolgo dolori:
sarò il nulla, sarò un bastone fiorito.

VI
La tempesta una nera muraglia.
Veniamo dal sole che asciuga lacrime,
ma oggi l’arcobaleno nasceva dalla ciminiera.
Non è coraggio il nostro ma follia d’amore;
spaccano i lampi la nera volta,
come grandine d’inverno la nostra corsa.
Un lampo… elettrico bacio di nubi sole
e rifiuto di un liquido abbraccio…
Nel suo bozzolo avvolge il baco della tristezza.

VII
Libera è la strada e bagnata.
Barconi in secca e fantasmi di voci
in una bottiglia inghiotte la notte e spreme,
e il fango copre il vetro appannato.
Furon respiri, furon pensieri, furon…
Mozza la speranza la falce della morte…
“Non recidere i ricordi di una vita”.
In fondo al mare una città di luce.
Lambiscono le spiagge lacrime di naufragi.

VIII
Il ricordo delle pietre mi rende leggero
e lo cavalco come un’onda del cielo
mentre l’Ave Maria batte la Torre dell’Orologio.
I colori del vespro dipingono le ricamate facciate
e varco le porte cancellate dal Tempo
nel ricordo dei fiumi interrati.
Il suo oro e l’incenso riversa l’immenso
su tutti noi, profughi e profani d’amore.
La fatica dei padri lasciate respirare.

IX
Solo uno scorcio d’infinito
riporto nel cuore dalla Trinacria.
Dopo tanta fatica il dolce riposo.
Solo uno scorcio, ma è quanto serve.
Per ricordare volti sconosciuti
come una coppa di Nero d’Avola
bevo la notte.
Dormii, sognai… Luci mi scorrevano addosso,
anche la luna abbracciava le stelle
di tanto amore soffocando le amate.

Modica-Catania 29.12.14

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