A Modica
Ho sentito, Modica, la voce del poeta,
un dolce graffio da un vecchio disco 45 giri,
e in quelle sillabe lente la morbidezza
delle tue pietre, il balsamo del tramonto
dopo la fatica dei campi.
Ho visto, Modica, che ti facevi luce
come un presepe senza tempo:
illuminata da dentro, ogni lampada
una storia, e il cielo stellato sopra di te
una corona di desiderio.
Ho assaggiato, Modica, il cibo
delle tue costole e dei tuoi fianchi:
‘mpanatigghi – la mistica unione
di carne, cacao delle Indie Occidentali,
le mandorle assolate, la cannella
del paradiso e i chiodi che crocifiggono
all’amore -, la ricotta calda e profumata
e il siero che nasce dall’ultima erba
calpestata da Proserpina.
Ho carezzato, Modica, i tuoi seni
– come un neonato alla madre,
come un amante all’amante -,
le pietre delle povere case
e quelle dei nobili palazzi,
nelle ripide scalinate che conducono
alle chiese, e lì la passione si è consumata
in pensiero e preghiera.
Ho odorato, Modica, le tue bionde chiome:
sapevano d’incenso e di ninfa,
di cioccolata e di fonte,
sapevano di miele e di sale
portato dal vento
e di carrube e di ombre,
e per sempre mi son perso
nei tuoi sensi e nel tuo cuore.
Modica, 26-29 dicembre 2014, ore 11,33
Alberto Figliolia