Ode alla carta igienica
Sì, lo so… è una poesia di merda!
O, meglio, di merda indiretta.
So anche che storcerete il naso, o lettori,
nell’udir pronunciare la parola merda,
o ve lo turerete all’idea dello scatolo.
Scatologia, escatologia… basta una e
posta nell’incipit per passare dalla peristalsi
e dalle necessità del colon alla meditazione
sul destino degli individui,
sul destino finale dell’universo.
Comunque, o carta igienica, tu sei
la destinataria di questi umili versi,
tu che assisti agli sforzi dell’evacuazione,
alle smorfie di chi è assiso
sulla tazza del water (alla turca
non si usa più, e in verità era meglio
per lo sfintere, ma tant’è, è il progresso…).
Tu che soccorri gentile alla lordura
che fuoriesce e che incrosta il perineo.
Poi c’è il dilemma… è nata prima
la carta igienica o il bidet?
Prima di te solo le foglie.
Ma ti ricordi quando ci si puliva
con le mani? Ah già… non esistevi ancora,
non t’avevano inventata…
come puoi ricordarti?
Eppure puoi essere vezzosa e spiritosa:
colorata, a fiori, con figurine
(tipo Paperino). Oddio,
su di te ci metterei altre facce:
di merda!
Utile, sì, tu sei utile;
soltanto non sei riciclabile,
ma nessuno è perfetto.
Uno scroscio d’acqua e te ne vai,
dispersa, senza lamentarti
del tuo degrado.
O carta igienica, la creatura
più mite sul pianeta Terra.
Alberto Figliolia