In memoria di Cesare

In memoria di Cesare

Chi ti piange… chi non ti piange?
Un mattino, Cesare, ti sei svegliato,
sei andato in bagno e non sei più tornato:
fulminato sulla tazza del water,
il cuore solitario e ballerino
come non sapevi.
Ora sono qui, in un ristorante
-ma perché ogni volta che qualcuno muore
finiamo nello stesso giorno in un locale,
a mangiare?-
a ricordare la tua vita mite.
Tu non gridavi mai, Cesare;
troppo buona la tua natura.
Tu non credevi che il mondo
è dei violenti; piuttosto subivi,
con un mesto sorriso sulle labbra,
con un’invisibile morte nel cuore,
con il pensiero che ogni giorno
è un giorno nuovo.
Dove sei ora, Cesare?
Cenere nel cosmo della tua valle natale?
Energia antica da riconvertire?
Un figlio? Una moglie? Un’altra moglie?
Chi sei? Dove sei ora?
Eri adagiato nel mattino di ottobre,
-nel paese in riva al fiume, fra i fiori spontanei
delle aiuole, in una bara di legno chiaro-
perfettamente immobile così come la morte richiede:
un silenzio viola, vetroso.
Avrei voluto conoscerti di più:
impossibile trovare nel mondo
tanta mitezza. Penso alla prima volta che ti vidi:
leggevi in un giardino di Ardesio
un vecchio Urania; forse inconsciamente
pensavi a quel futuro
che sempre, troppo, assomiglia al passato.
Adesso vado a centellinare i pochi ricordi
che ho di te, e rimpiango di non aver mangiato
un giorno, insieme,la polenta: ero in Africa,
in un villaggio etiope dove nel giorno di festa si mangiava,
anche lì, polenta (il cibo dei poveri un tempo e ora)
-come tu stavi facendo, così lontano, così vicino-
fratelli, tutti, su questa dura terra.
Mentre il sacerdote con voce intonata
celebrava a Villa d’Ogna la messa funebre
e cantava le tue lodi, la musica
dei campanacci su un pascolo
dall’altro lato della valle
raccontava la tua semplice bella essenza.
Ora, Cesare, il silenzio degli angeli
ti è amico eterno,
e non ci sono più rancori
né odio né indiffetenza;
soltanto amore e luce,
soltanto amore e luce, Cesare…

Fra Ardesio e Villa d’Ogna, venerdì 4 ottobre 2019

Alberto Figliolia

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