Per Andrea, da sua madre*
Ora i tuoi occhi sono pozzi celesti
dove scivolano leggeri e sinuosi
i pesci, dove danzano le farfalle
e le lucciole accendono scie
come il moto delle stelle
nelle notti africane.
Tu mi guardi e ancora sorridi
in quella vecchia foto in bianco e nero;
anche gli occhi ridevano:
non sapevi ancora, non sapevi…
ma nessuno di noi sa mai, nessuno sa mai
quando la ruota si spezza…
In gennaio la nebbia chiude le distanze,
ma io sento l’eco dei tuoi passi
a raggiungermi da quel dolce imbambolato
cotone che sale dall’umida terra,
che così implacabile e soave
ci avvolge e confonde
i sensi, l’intelletto.
Io misuro i tuoi passi:
ora mi raggiungeranno
e tu sarai fra le mie braccia.
Prima del duro asfalto,
prima del crudele ultimo ticchettio
di un orologio bloccato in eterno.
Guardo fuori dalla finestra.
Il rumore si attutisce lento,
i passi si allontanano
nell’oscurità.
E io capisco che non verrai.
Non oggi.
Però domani sì.
Domani con il nuovo sole,
dopo che si sarà diradata
questa strana nebbia.
Tu mi guardi e ancora sorridi
in quella vecchia foto in bianco e nero,
anche gli occhi ridono…
e zampillano: ma non sono lacrime
– non come le mie –
è la linfa che scorre
sotto la rossa terra
dei villaggi africani
che un giorno vedemmo insieme,
che oggi i miei occhi vedono
per te, Andrea, figlio mio.
Ora i tuoi occhi sono pozzi celesti
dove scivolano leggeri e sinuosi
i pesci, dove danzano le farfalle
e le lucciole accendono scie
come il moto delle stelle
nelle notti africane.
*Andrea è morto nel 2011, a 15 anni: investito da un’automobile, scheggia di metallo impazzita in un assurdo universo
Alberto Figliolia (da “Domestiche affezioni”, 2019, 124 pp., Prospero Editore)