Tre spighe di grano raccolse Giovanna…
Tre spighe di grano raccolse Giovanna
dalla nera terra: sapevano di aspro
fumo, di risa di bambini sapevano
e di latte materno e di sudore d’uomo.
Sotto le spighe che dolci ondeggiavano
ai venti dell’Est cenere…
cenere di grida spente negli alti camini…
cenere che si confondeva con la neve,
come il giorno con le tenebre…
cenere di popoli e lingue…
cenere di canti di fanciulle in fiore,
che si facevano la treccia
e nelle fonti si specchiavano,
nel desiderio dell’amore a venire…
cenere di famiglie…
cenere di villaggi colorati
sui tetti dei quali, fra nubi e stelle,
volavano animali fantastici
e ataviche parole
e i sogni degli sposi…
cenere dispersa nella nebbia dell’inverno,
fino a boschi remoti, irriconoscibili ombre…
cenere di cartoline e immaginarie geografie…
Tre spighe di grano raccolse Giovanna
dalla nera terra: sapevano di aspro
fumo, di risa di bambini sapevano
e di latte materno e di sudore d’uomo.
Nelle spighe era tutto il sole del ricordo…
e le spighe viaggiarono a ritroso:
dai vagoni piombati alla nostalgia dei cipressi;
dal filo spinato dell’odio alla forza degli ulivi;
dagli ordini gutturali ed elettrici alla carezza ocra
di un mondo gentile.
Tre spighe di grano raccolse Giovanna
dalla nera terra: sapevano di aspro
fumo, di risa di bambini sapevano
e di latte materno e di sudore d’uomo.
I chicchi di Auschwitz furono seminati
e germinarono nuove spighe
e un piccolo popolo di semi
e ancora spighe e semi e spighe e semi…
bionda luce senza fine, bionda luce senza fine…
Tre spighe di grano raccolse Giovanna
dalla nera terra: sapevano di aspro
fumo, di risa di bambini sapevano
e di latte materno e di sudore d’uomo…
Fra Impruneta e Cesano Boscone, febbraio 2014
Alberto Figliolia (da Domestiche affezioni, 2019, pp. 124, Prospero Editore)
Tanti denti d’oro
S’aggricciano i cuori.
Cenere dopo il fuoco annientatore.
Sonderkommando!
Pale d’orrore.
I campi quest’anno daranno patate
dal sapore forte, aspro
(e sangue gasato
nelle vene del cielo che giace).
Quante identità è in grado di raccogliere
l’urna del silenzio eterno?
Identità irriconosciute: solo un numero
stampato a inchiostro e graffi.
Una bambina prima dell’ultima doccia
cantava, la sua manina in quella
della mamma: nude poi, abbandonate
sopra la matassa di corpi contorti.
E cappotti mescolati a
scarpe
capelli
occhiali
e denti d’oro
tanti denti d’oro
troppi denti d’oro
da fondere…
da fondere…
da fondere!
Fra qualche notte qualcuno
dormirà e sognerà
posando il capo sul cuscino
ripieno di tutti quei capelli recisi:
ciocche
d’ogni colore
d’ogni villaggio
d’ogni città.
E forse – soltanto allora –
risuonerà
nell’arco tenebroso
della notte
la musica
dei violini
di Auschwitz.
Alberto Figliolia (da Domestiche affezioni, 2019, pp. 124, Prospero Editore)