Io ti partorisco dai miei occhi, mamma… (Da un incipit di Maria Elena Danelli)
Io ti partorisco dai miei occhi, mamma…
e non so chi sono,
chi sei,
l’un l’altro e perché.
Ti sogno spesso,
ti sogno spesso…
e neanche lì so
che cosa ci diciamo.
Eppure un tempo fummo uno,
quando ignaro abitavo il tuo grembo
e respiravo il tuo sangue
e la rimbalzante musica del tuo cuore
mi cullava nel mio sonno-non sonno.
Non potevo vedere i tuoi occhi
grigio-azzurri, ma già li conoscevo
come cieli annebbiati di un dolore antico
– non riconosciuto, inestinguibile –
e di rimpianti a venire.
Ora ho i capelli bianchi,
ma vago ancora in cerca di un senso;
un senso di quello che siamo,
l’un per l’altro e perché.
E l’impotenza mi mangia
come un ragno la sua preda avvolta
in un lucente bozzolo e intorpidita…
Solo a volte vorrei tornarti dentro
e scorgere pareti di pulsanti stelle
e rinascere, rinascere…
per essere uguale,
per essere un altro.
Alberto Figliolia