Io urlo

Io urlo

Mi tengo il capo ormai privo di capelli e urlo

Urlo ciò che so e ciò che non so

ciò che ho e ciò che non ho

soprattutto chi sono e chi non sono

Impavidi, come materiali sterili e inerti, miei apparenti simili

incedono e avanzano al contrario sulla strada strappata

Mi tengo il capo ormai privo di capelli e urlo

nelle orbite vuote da cui fuoriesce materia cerebrale

nelle orecchie mangiate da strisce di cielo incollato per sbaglio

nel naso che si deforma nella paranoia di odori svaniti

nel corpo che si lacera in cosmica, comica, eco

nella febbre che si mangia le viscere dell’intelletto residuo

nel furto, definitivo, della mia anima

Mi tengo il capo ormai privo di capelli e urlo

con il mare-serpente accovacciato al mio dolore ottuso

senza requie né prece il gorgo della solitudine indivisa

la balaustrata spezzata dagli aspiranti suicidi

in viaggi senza ritorno

Io urlo urlo urlo

e più non mi sento

Alberto Figliolia (da Poesie scelte, 2010, Albalibri)

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