Lorenzo non è più fra noi. Lorenzo sarà sempre con noi.
Il fato è crudele. Uno stupido e terribile incidente automobilistico ce lo ha sottratto. Mai come questa volta l’appuntamento con il destino è stato improvvido e imprevisto. Qualche minuto in più o in meno e forse non ci sarebbe stato il tragico impatto.
Lorenzo, senza alcuna colpa e indifeso di fronte agli eventi, è stato tolto al mondo e alla famiglia. Non è giusto. Dentro di noi scatta la ribellione di fronte al fatto pur compiuto.
La sua morte è una irrimediabile perdita.
Eppure possiamo dire con sicurezza che la vita del Professor Lorenzo Caiolo è stata meravigliosa.
Possiamo dire quanto già ci manca. E non bastano le parole. Sarà un vuoto incolmabile. Ma il bene e il sapere che lui ha seminato nella sua continua opera di intellettuale dedito al benessere morale e spirituale, oltre che fisico, della comunità seguiteranno a portare e donare frutti.
Come raccontare un uomo così complesso e interiormente ricco e generoso? Quanto ha dato e fatto per gli altri…
Instancabile. Passionale. Umile e forte.
Uomo di lettere. Uomo della polis.
La sua era una casa aperta: agli amici, alle idee.
Non possiamo capacitarci.
Tutti siamo più soli da ieri sera. Eppure il suo ricordo è un abbraccio che ci unisce. Per proseguire il suo lavoro.
Ciao, Lorenzo, amico nostro dall’infinita sapienza civile e dal cuore immenso, immenso…
Conoscerti è stato un privilegio, un dono per sempre.
Porteremo avanti il tuo esempio, il tuo lavoro.
Ciao, Lorenzo.
Se un paradiso esiste, tu sei già lì.
Ero a San Vito dei Normanni, ospite di Lorenzo. E lui mi ha portato a vedere gli ulivi secolari di fronte a casa sua.
E io qualche giorno dopo ho scritto questa poesia, che gli dedico ancora una volta oggi, in questo giorno tristissimo.
Lui per me è stato, anzi è, come quegli ulivi: saldo nelle radici, il tronco che sfida il tempo, i loro frutti come un balsamo universale, un dono.
Agli ulivi di San Vito dei Normanni
Fra pietre sparse sulla rossa terra
le rughe del vostro legno, gli scavi
del silenzio, i nodi del tempo, o ulivi
di San Vito dei Normanni, contorti
come vite abbandonate, sperduta
memoria, antica storia, ignota gloria.
Passai un giorno fra voi e una serpe nera
mi attraversò la via, lucendo,
una esse di ancestrale sogno, lenta
come i gesti di chi vi piantò un giorno
che più non sappiamo; nera e sapiente,
come indovina nella notte buia.
E lei mi parlava nella mente, eco
suadente, e voi pure mi parlavate,
o ulivi di San Vito dei Normanni,
fra le pietre sparse, la rossa terra,
le rughe del vostro legno, gli scavi
del silenzio, i nodi del tempo, il sole
nel suo arco senza soluzione, nuvole
rade, distratte, nell’azzurra volta.
E rimbalzavano nel cuore stanco
i sorrisi sdentati dei braccianti
e la fatica intonsa di bambini
a piedi nudi, pane nero e olive,
le donne raccolte al fuoco, e giustizia…
contro i padroni e lo sfruttamento,
contro l’immondizia del potere,
contro chi recider vuole gli anelli
luminosi del vostro legno, o ulivi
di San Vito dei Normanni, così storti,
ma belli, ricchi, gentili, le foglie
verde-argento a stormire lievi, tenere,
come campane nell’aria distante.
Fra pietre sparse sulla rossa terra
le rughe del vostro legno, gli scavi
del silenzio, i nodi del tempo, o ulivi
di San Vito dei Normanni… le bacche
di Ulisse e dei pastori dell’Arcadia,
il dono degli dei all’umanità.
Alberto Figliolia