1 gennaio 1942: nasce ad Atina (Fr) Bruno Arcari, 165 cm di tecnica, combattività, coraggio. 73 incontri disputati, di cui ben 70 vinti (38 prima del limite), 2 soli perduti (e mai per KO), 1 pareggiato a fine carriera contro il fortissimo Rocky Mattioli, futuro campione del mondo, un big a propria volta.
Superleggero, welter junior e welter. Campione italiano, europeo e mondiale. Un unico punto debole: le arcate sopraccigliari, alle quali gli avversari miravano e contro cui tentavano di accanirsi. Inutilmente, a parte il primo combattimento e il dodicesimo della sua carriera, dopodiché per Bruno, prese misure e precauzioni, fu una striscia ininterrotta di successi, escluso il pari sopra detto.
Il titolo iridato sarebbe arrivato nel ’70 contro il filippino Pedro the rugged (il ruvido) Adigue. Cintura poi difesa per 9 volte consecutive.
Sostanzialmente un imbattibile. Senza tirarsela mai. Schivo di carattere, mai spaccone, non amava abbandonarsi a dichiarazioni o sceneggiate di sorta, strane coreografie o comportamenti bizzarri ed eccentrici. Semplicemente combatteva: preciso, serio, lineare, intelligente. Ardente e sapiente. Un sinistro micidiale. Spietato, ma senza odio. Abile in tutte le fasi della noble art. Un fighter senza paura, le cicatrici portate con orgoglio.
Se la critica non lo amava del tutto, Bruno, il frusinate adottato dalla magnifica Genova, era adorato dal pubblico. Nessun suo match lasciava delusi. Alcuni sostengono che egli sia stato il miglior pugile italiano. Più di Nino Benvenuti, tanto per dire, di cui non aveva il senso dello spettacolo (soprattutto fuori dalle corde del ring), la brillantezza della parlantina e lo splendore fotogenico, o di Duilio Loi o di Cleto Locatelli o di Primo Carnera.
Grandissimo pugile e uomo umile di formidabile spessore.
Alberto Figliolia