Nacqui
Nacqui
in una casa che non c’è più
dove un remoto giorno
del presente mi avrebbe condotto
mio padre malato.
Nacqui
quasi sulla riva del fiume
perduto da una cicogna
o forse da una gru meccanica.
Nacqui
con la camicia e rosso
come un tuorlo d’uovo.
Nacqui
che era il tramonto,
fra gli ultimi garriti
delle rondini e il tardivo schiamazzo
di un’officina vicina,
e nel cortile c’era la polvere
e sulle scale di ferro
riposavano mosche d’oro.
Nacqui
marchiato dalla malinconia
di fine estate e da quella delle nubi
che si disfano all’orizzonte.
Nacqui
e non sapevo di presagi
o ambizioni o sogni.
Nacqui
e non so se mai rinacqui.
Nacqui
postumo, come disse il filosofo,
e questo è tutto quel che so;
tutto quel che so
prima dell’ignoto.
Alberto Figliolia