Primaticcio-Algeri
Una berlina blu mi si affianca al semaforo rosso: un nordafricano
mi guarda dai finestrini abbassati per l’avida calura;
condividiamo per qualche secondo la stessa ipnotica musica
nel ruvido deserto della strada: pop raï che mi catapulta altrove
anche se sono qua, irrimediabilmente qua.
I palazzi corrono, ogni cosa mi scorre intorno, anche le persone
che non ci sono più, che sono andate via.
Il sole è una percussione tremenda, scarta le ombre.
Poi, cammino per il paradiso artificiale di Brera,
verso il Napoleone bronzeo e nudo del cortile d’onore,
la foglia di fico sul membro, prima dello scalone,
nella fila ordinata fra lingue di Babele.
Mi basterà un quadro di Altobello Melone
con la gentildama e sullo sfondo, fra rocce e cielo,
una scintillante fortezza bianca a restituirmi alla realtà?
O forse dovrò seguire la bella ucraina che ammira
il Caravaggio dalla luce gloriosa e sofferente
o l’avvenente moglie con la sua banale famigliola
o, ancora, le luci di Venezia del Canaletto e la Gazzada,
Bellotto e il Guardi, il Segantini e Previati
in preda agli spasmi del cosmo?
Ma, forse, più di tutto,
ciò che mi colma il cuore è lo sguardo allucinato
di San Francesco nel ricevere, e sostenere, la terribile luce di
Dio.
Alberto Figliolia (da Poesie scelte, Albalibri, 2010)